Il teatro ha riaperto i suoi battenti al pubblico e i suoi palcoscenici agli attori. Si è potuto fare nuovamente esperienza della scena, della sua materialità, della sua fisicità, soprattutto quella dell’attore.
In un mondo occidentale, nel quale la cultura del corpo sembra essere diventata tanto una forsennata ossessione quanto la proiezione della perfezione dell’umano, la semplicità fisica dell’attore sembra restituirci oggi altro rispetto alla sua ideale e presunta completezza. L’immagine dell’attore in scena sembra paradossalmente riportare tutto a un piano di realtà, nel quale il corpo appare esattamente per quello che è: debole, imperfetto, a volte squilibrato, altre volte vecchio, ma autentico e credibile. Se Bertolt Brecht alla metà degli anni ’20 osservava che «un uomo è un uomo» per denunciare la manipolazione dell’umano, oggi si potrebbe ribadire che un corpo è un corpo, con la sua fragilità e la sua vulnerabilità, e soprattutto fatto di quella sostanza che disfa sé stessa ad ogni momento, attraverso l’inesorabile azione del tempo e che resta, tuttavia, materia infinita di racconto e messinscena. In quanto tale il teatro, oggi, rappresenta forse il linguaggio più preciso e il mezzo più profondo nel dare luce agli aspetti più veri, delicati e segreti contenuti nelle pieghe di quel corpo che tutte le sere l’attore consuma sul palco offrendolo, nella sua umanità più forte e vera, al pubblico.
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Perseo – La sfida del teatro vol. 2
Il teatro ha riaperto i suoi battenti al pubblico e i suoi palcoscenici agli attori. Si è potuto fare nuovamente esperienza della scena, della sua materialità, della sua fisicità, soprattutto quella dell’attore.